Storia, miti e leggende

L'acqua che forgia l'acciaio e produce elettricità: a Piediluco arriva l'industria

Anche il lago di Piediluco (Umbria, Terni) diede il suo contributo alla seconda rivoluzione industriale, mettendo a disposizione le sue acque per il polo ternano. Tra centrali elettriche e le acciaierie

Ai romantici appassionati dei paesaggi bucolici, la storia ha affiancato i pratici dell'industria e della modernità.
Piediluco non è esente dal progresso e, come è avvenuto per tutta l'area tra la Cascata delle Marmore e il lago del Salto in terra reatina, anche il lago umbro in provincia di Terni è entrato nel processo di sfruttamento delle acque. La storia di questo bacino diventa così la storia della seconda rivoluzione industriale, giunta fin qui per dare nuova linfa vitale a questi anfratti di terra. Fu l'Acciaieria a dare l'impulso determinante: la sua nascita, nel 1852, portò allo sviluppo di centrali per la produzione di energia elettrica che richiedevano lo sfruttamento delle acque territoriali.

Alla fine del 1800 così, fu creata una comunicazione permanente, vale a dire un canale artificiale, tra il Velino e il lago di Piediluco, facendo di quest'ultimo un bacino di compensazione della portata del primo. Da quel momento, ufficialmente, il Lago entrò a pieno regime nel veloce processo di trasformazione e industrializzazione che farà del polo ternano (negli anni Sessanta del Novecento), il perno regolatore dell'intero sistema italiano di energia, con le sue acciaierie e le centrali elettriche. La spinta dell'acqua alimentava le turbine che facevano sprizzare elettricità e l'Acciaieria di Terni, nel 1883, fu illuminata da 130 lampade ad arco e 600 a incandescenza.

Ogni via d'acqua, che scorresse o rimanesse immobile, veniva sfruttata dall'ingegneria moderna per trasformare il naturale movimento idrico, che aveva il suo culmine nell'impeto della cascata, nella forza motrice per opifici e fabbriche. L'intero sistema fluviale e lacustre fu trasformato in una rete di centrali elettriche.

La prima centrale elettrica nata nel territorio fu quella di Papigno che sfruttava l'acqua del Velino in portata consistente grazie al famoso canale collegato al lago di Piediluco di cui abbiamo detto; poi la centrale di Galleto, attivata nel 1924 con tre turbine da 40mila KW, arrivata in pochi anni a 400mila KW, una potenza unica nel suo genere.

La tecnologia contemporanea aveva così dominato il Nera, il Velino e, anche se in forma leggera, il lago di Piediluco determinando una vittoria del progresso sulle antiche leggende pastorali di questi territori, in passato selvaggi e incontaminati.


Nella foto: veduta dall'alto delle Acciaierie e della città di Terni (Umbria del Sud).

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