Storia, miti e leggende

Il Ripostiglio di Piediluco

Gli uomini e le popolazioni che hanno abitato in tempi antichissimi lungo le valli del fiume Nera e in quella che una volta era l'area ricoperta dal Lacus Velinus, da cui ebbe origine il lago di Piediluco (Terni, Umbria del Sud), hanno avuto le loro storie vere, oltre alle leggende e alle fantasticherie, testimoniate da scavi archeologici o ritrovamenti fortuiti avvenuti nel corso di decenni nell'area di Piediluco.

A partire dall'Età del Bronzo, fino alla conquista romana, gli uomini in questa area hanno da sempre avuto a che fare con la presenza di aree fluviali e lacustri molto vaste e importanti, per cui le azioni di antropizzazione coinvolsero principalmente le acque. Lungo le terrazze fluviali e in alcune conchemontane erano insediati i popoli dell'Età della Pietra che lavoravano i metalli, in particolare il bronzo nella zona tra Terni e Piediluco intorno al VIII secolo a.C.. A dimostrazione di questa attività, che potremmo definire artigianale, c'è il "Ripostiglio di Piediluco" rinvenuto alla fine del 1800. Le date su questo non sono molto precise, qualcuno parla del 1886 qualcun altro del 1864, quello che più ci interessa è il valore del ritrovamento: si tratta di depositi di particolare valenza e solennità che le comunità insediate nel territorio avevano creato collettivamente, in occasione probabilmente di eventi o ricorrenze importanti. Il ripostiglio piedilucano conteneva oggetti che indicavano un elevato stato sociale delle persone sia sul piano civile, che politico e religioso: asce, spade, coltelli, morsi equini, falci, scalpelli, ruote di carretto e soprattutto frammenti di un tripode di origine cipriota. Il tutto all'interno di un grande dolio di terracotta. Si tratta di una delle testimonianze più ricche e preziose di questo tipo di ritrovamenti, presenti attualmente in Italia e che, insieme ai "ripostigli" di Santa Marinella e Goluzzo, sono databili tra la fine del terzo Bronzo e l'inizio dell'Età del Ferro.

Alcuni dei reperti archeologici rinvenuti nel Ripostiglio di Piediluco, definiti protozoici, sono esposti al Museo Archeologico di Terni, il Comune entro il quale è annoverato il lago e borgo omonimo e dal quale dista solo 18 chilometri.

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